Il disastro del Vajont si verificò alle ore 22:39 del 9 ottobre 1963, quando una frana si staccò dal monte Toc e precipitò nel bacino provocando un’onda che superò la diga e distrusse il sottostante paese di Longarone e limitrofi, causando 2000 vittime.
La non idoneità dei versanti del bacino al rischio idrogeologico, fu la causa del disastro. La variazione di pressione dell’acqua sul versante del monte Toc, causò la frana di circa 270 milioni di m³ di roccia nel bacino artificiale, contenente circa 115 milioni di m³ d’acqua.
La diga, pur avendo subito la forza dell’acqua 20 volte superiore a quella per cui era stata progettata, rimase intatta. Tuttavia, si presume e si considera, che la forma a “trampolino” venutasi a creare alla base interna della diga, abbia deviato verso l’alto, ad onda sinusoidale, l’enorme massa d’acqua che impattò solo in parte sulla diga.
L’opera, realizzata negli anni ’50, ha rappresentato, in ogni caso, un traguardo dell’ingegneria idraulica in Italia, ma testimonia e sostiene, l’importanza dell’attuale ingegneria della sicurezza, che va a considerare tutti i fattori di rischio nei processi costruttivi.

Se fossero state considerate e studiate le due diverse falde acquifere esistenti, una superiore direttamente connessa al livello del lago e quella inferiore subordinata alle precipitazioni (acqua piovana e lo scioglimento delle nevi che non scorrevano in superficie ma filtravano a fondo valle), l’opera non si sarebbe realizzata dove si trova ora, (secondo progetto di variante), ma sarebbe stata costruita come prescritto nel progetto originario, che prevedeva una diga più piccola con un bacino di capacità minori di circa 33 milioni di m³ d’acqua.


